Autori: Cristina Lastri
Edizione: Felici Editore
Genere: Prosimetro
Prefazione: Alessandro Scarpellini
Postfazione: Giovanna Baldini
Disegni: Daniela Maccheroni
pp. 92
Prezzo: € 15
Disponibile in versione ebook
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Prefazione
“Se ricordo chi fui, diverso mi vedo,
e il passato è il presente della memoria.
Chi sono stato è qualcuno che amo
ma soltanto nei sogni”
Fernando Pessoa
Pisa per Cristina Lastri, è un punto e un porto di luce, un luogo dell’anima e un mistero, da cui partire per viaggiare dentro i ricordi, le allegrie, gli affetti, i graffi e le carezze, le malinconie, i problemi e i dilemmi di una vita vissuta e sognata.
Città viva e sonnolenta, attraversata e percorsa da un fiume a volte pacato per le arsure estive e altre volte iroso per le piogge cadute, in cui il sale del mare si mischia in certe ore segrete ai riflessi lunari che sfiorano le guglie gotiche della piccola chiesa di Santa Maria della Spina o le pietre rossastre del Giardino Scotto.
Città antica e futura così come ne parlava Rudolf Borchardt in “Pisa solitudine di un impero”, matrice di un’altra dimensione dell’esistere o del considerare la vita.
Cristina ha un amore grande e profondo per il suo borgo natio che ha accolto e cullato la sua giovinezza e la sua vita adulta, le sue corse e le sue cadute, i suoi amori, le sue lacrime e le sue risate.
D’altronde anche Giacomo Leopardi era innamorato di Pisa e, in una lettera alla sorella Paolina, così scriveva: “L’aspetto di Pisa mi piace assai più di quel di Firenze. Questo lungarno è uno spettacolo così bello, così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente che innamora: non ho veduto niente di simile né a Firenze né a Milano, né a Roma, e veramente non so se in tutta l’Europa si trovino vedute di questa sorta.”
L’autrice, dotata di ironia ed autoironia, in questa sua opera sghemba, fatta di vicoli poetici e narrativi, ci fa dono della curva dolce e pendente del suo cuore, portandoci in un intrigarsi di viuzze e personaggi, memorie e storie, poesie e ricordi, invenzioni letterarie e fatti accaduti.
Ci fa fare il grand tour della sua vita e di Pisa innestando nel presente germogli del passato e viceversa… si incontrano la nonna Rina, le piazze di Pisa il Padre Claudio, ma anche Mary e Percy Shelley, i lungarni e le gelaterie, D’Annunzio, il Palazzo Blu, Galilei, le schiacciatine ripiene accompagnate dalla spuma, Lord Byron, Le Piagge, Almaz con sua figlia Abeba, il Tondo, il conte Ugolino, il pugile Del Papa, la Luminara e mille altri personaggi – luoghi – eventi.
Le parole di Cristina odorano di Pisa e Pisa pare avere dato forma alla sua sensibilità.
Molte pagine hanno dentro anche la nostalgia di un tempo andato in cui si credeva alla magia di essere, esistere, divenire… che si giocasse a rialzino, campana, mosca cieca o si facesse “polvere da sparo” sbriciolando mattoni trovati in un angolo della chiostra.
Nell’età adulta arriva a volte un momento in cui ci prende il desiderio di raccontare le propria storia, il proprio sentire, per fare ordine dentro noi stessi e cercare di capire od interpretare il nostro presente.
In questo libro passato e presente, luoghi ed accadimenti, si mischiano, si mescolano, si confondono e si fondono per farci sentire il palpito del cuore pendente e ardente dell’autrice.
Scrive Duccio Demetrio in quel magnifico libro che è “ Raccontarsi”:
“L’autobiografia non è soltanto un tornare a vivere: è un tornare a crescere per se stessi e gli altri, è un incoraggiamento a continuare a rubare giorni al futuro che ci resta, e a vivere più profondamente – aiutati da quell’io necessario e tessitore reso più vigile e al contempo indulgente – quelle esperienze che, per la fretta e la disattenzione degli anni cruciali, non potevano essere vissute con la stessa intensità.
Per questo l’autobiografia è un viaggio formativo e non un chiudere i conti. Non decreta, a posteriori, quali sono stati i nostri debiti (onorati o meno) e quali i nostri crediti.
Nondimeno la rivelazione di essere stati molti io – in successione, contemporaneamente negli anni o in una stessa giornata – non può che spingerci a continuare a fare altrettanto finché ci sarà dato e per tutto il tempo che ci sforzeremo di portare a compimento un’opera – la nostra vita – destinata a non compiersi mai”.
Questo libro è uno Zibaldone, una miscellanea, da cui sgorga un’energia viva che coinvolge, immalinconisce, ci fa danzare, diverte e fa pensare.
Alessandro Scarpellini
Le parole del cuore
Alla fine del libro, arrivata all’ultima pagina la mente è confusa, il cuore pieno: emozioni, ricordi, informazioni turistiche, storiche e letterarie, criticità attuali della città amata.
La Pisa di Cristina Lastri è tutto questo: il suo mondo infantile, adolescenziale e maturo; una realtà che l’avvolge e la protegge, che diventa amica e compagna. Tutto della vita dell’Autrice è successo a Pisa dai giochi agli amori e continua ad accadere nei fatti della vita recente.
La quotidianità è descritta a volte con un velo di malinconia, a volte con impeto, sempre comunque con una partecipazione grande, immersa nella luce ariosa della città.
Le pagine, quindi, scorrono con la foga della scrittura diaristica, talvolta, e la posatezza della riflessione intima, talaltra.
Libera dalla costrizione della metrica nelle poesie e dalle regole severe grammaticali e lessicali della prosa, perché il ricordo urge e viene fuori grazie a un vernacolo amato e identitario dell’educazione familiare, Cristina riesce a far fluire la sua scrittura con sincerità e senza infingimenti.
Le parole le servono per fermare il vissuto in ogni suo più profondo senso e significato. Ritornano, così, le prime esperienze sentimentali, le canzoni indimenticabili degli anni passati, le mitiche Renault, le tappe importanti della donna, ormai moglie e madre. E intorno a tutto ciò Pisa, i suoi monumenti, la sua storia, le strade e l’Arno, quell’Arno d’argento, illuminato dalla luna, e tanto amato.
È un flusso di memorie che srotola ricordi, immagini, considerazioni… Solo una volta, una critica a una Piazza, che si trasforma, vittima dei cambiamenti del tempo.
Un rammarico fuggevole, il resto è sempre stupore e meraviglia.
Voglio ricordare, parafrasandolo, un verso del grande Poeta che a Pisa conobbe momenti belli, che furono di sollievo ai suoi dolori dell’anima e del fisico:
Che speranze, che cori, o Pisa mia!
Giovanna Baldini